di Michele Beltrami
liberedizioni 2013

 

Nemmeno Calvino avrebbe preteso tanto dalle sue “Lezioni americane”. Leggerezza, rapidità, esattezza, molteplicità, coerenza, visibilità: c’è tutto nell’opera di Michele Beltrami (credeteci certamente con convinzione, per parafrasare il titolo di queste pagine), che sa sbranare sino all’osso il nerbo della fierezza intellettuale, svicolando dalla lingua non essiccandone però mitezze e festosità, non irrigidendosi nel cruccio dell’immediato stravolgimento.
Leggerezza di abbrivio, che significa stare “sopra” le (nostre) cose per vederle meglio, rapidità - perché occorre cogliere l’attimo ovunque esso si manifesta-; esattezza: quella levigata parola in quel preciso luogo e in quel puntuale momento, molteplicità, anche solo col funambolismo di una singola lettera iniziale che vale l’intero universo di grafemi, fonemi e foni in anomica sequenza. Coerenza: non perché inizia con la stessa lettera C, ma perché così è, e per l’Autore non può essere altrimenti sul palco e nei teatri della vita.
Cortocircuiti - il libro è contagioso – inattesi, chiaroveggenze in aspettazione. La regola qui non è costrizione ma stura alla fantasia, innesto al divertimento. Non sono questi draghi locopei, né acrostici metagrammi, ma molto più semplicemente istruzioni per la quotidianità, specchi e gibigiane per l’oggi: lo sono le contrapposte conclusioni calligrafiche – ancora?! – che l’Autore propone lontano da smancerie e civettuole sapienze di galateo, panciafichista e irenico nella disposizione d’animo?
“Collettività/collisione”, scrive Michele Beltrami: il suo “creatività/credid card” valida quanto un “civile/clandestino” che ci riguarda, anche se viviamo da flaneur (o al massimo da bricoleur) senza più una luce di robustezza o financo di ostinazione, di ardenza o di vigore salutare. Questo libro ci rammenta che non nel ringorgo delle parole svanisce l’arbitrio del distratto richiedente, ma è nel ripudio di esse che si affranca la nostra saggia condotta. C credo diviene, per quanti non si lasciano abbacinare dal clangore perenne del globish o dalla gurgitante lezione impartita dalla Crusca, il segno della natura che si porta, della condizione che si affronta quando i sentimenti non si sbertano con le facezie, ma sanno impaniarsi con le speranze del domani. Coraggiosamente.

 
 
(Dalla prefazione al testo di Marcello Zane)